Pessimismo dei giovani? Questo non è il nostro cuore

Pubblicato martedì 28 Marzo 2017

Davvero partecipato l’incontro di mercoledì 22 marzo presso la sede della Pomì di Rivarolo del Re. Il Sinodo dei giovani nella sua fase di ascolto è sbarcato anche tra i giovani lavoratori del comparto agroalimentare e non solo. Preziosa l’idea condivisa con Sante Mussetola dell’Ufficio di Pastorale sociale e con i rappresentanti di categoria del territorio.

È stato il vescovo Antonio a guidare con passaggi lineari e coinvolgenti le tante presenze raccolte nella sala congressi del Consorzio del pomodoro. Dopo una breve introduzione sul senso del sinodo dei giovani e una provocazione tratta dalle considerazioni del Rapporto Giovani 2016 del Toniolo, è partita una vera e propria triangolazione, per nulla artefatta, tra le considerazioni dei lavoratori, il vescovo e il recente messaggio di papa Francesco per le Palme 2017. I primi giovani intervenuti hanno contestato l’idea di una generazione vuota e priva di forza interiore: considerazione sicuramente agevolata dall’esperienza dei presenti, in gran parte impiegati nel settore primario e della trasformazione dei prodotti in un territorio che conosce da sempre il confronto e la collaborazione tra le generazioni e la capacità di dedicarsi alla tutela di un patrimonio faticoso e bello. “Siamo invasi da messaggi di pessimismo, ma questo non è il nostro cuore. Qui c’è voglia di fare!”, ha esordito Federico. Di parere analogo anche Pier, da poco avviato al lavoro di consulenza presso il consorzio agrario cremonese, con alle spalle una laurea fresca: “Impariamo a sporcarci le mani e non ad aspettare di essere chiamati”.

Fin da queste prime considerazioni è apparsa evidente la consonanza con le metafore concrete e forti che fin dalla GMG di Cracovia Francesco sta ripetendo e che sostanziano il messaggio ai giovani appena pubblicato: non serve una generazione-divano, del “tutto è dovuto” e del “tiriamo a campare”. Il parallelo istituito dallo stesso papa è con Maria, giovane donna che in fretta raggiunge Elisabetta e si lascia provocare dall’urgenza della carità. Mons. Napolioni ha provocato i giovani presenti ad allargare la riflessione al mondo e a riflettere sui tre terreni a disposizione: quello agricolo, affidato all’opera tecnica di un comparto anche di eccellenza, quello umano, spesso minacciato dalla chiusura e dall’isolamento, e quello ecclesiale che fa fatica a ridiscutersi. Alla domanda: “che cosa può fare la Chiesa per i giovani”, secca la replica: “Può aiutarci ad andare contro corrente e a focalizzare gli obiettivi per cui valga la pena vivere e spendersi”. Di qui l’affondo condiviso sulla carriera e il profitto, temi sensibili in un ambiente fortemente segnato dall’esperienza cooperativistica. “La vita – ha continuato il vescovo – anche con i suoi fallimenti e i suoi shock è la miglior cura della carriera intesa solo come conquistare posizioni e far soldi. In una società liquida la fede ci aiuta a trasformare i fallimenti in nuovi inizi”.

L’incontro era iniziato con la restituzione ai presenti del senso del Sinodo dei giovani con un breve intervento di don Paolo Arienti, responsabile della pastorale giovanile diocesana che ha sottolineato l’importanza di momenti di ascolto un po’ più collaterali rispetto alle attivazioni in parrocchie e oratori di gruppi di ascolto; e senza dubbio la serata al Consorzio casalasco è un segnale incoraggiante che racconta di un’attenzione non sempre facile al mondo dei giovani lavoratori. Anche questi ultimi si sono dimostrati portatori di un vivo interesse di futuro.

 

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