Nella mattinata di giovedi 13 Settembre si è svolta presso il Seminario Vescovile di Cremona l’assemblea degli oratori, un momento di incontro significativo per fare il punto sulla realtà oratoriana e le sue dinamiche.
Sguardi sul nostro cammino
1. Letto, visto, sentito…
Veniamo da tante esperienze diverse: le abbiamo viste incontrandoci direttamente, guardando i post sui social o sul sito diocesano, ce lo siamo raccontate. Mi permetto di sintetizzarle in tre direzioni: la fedeltà, la messa in gioco, l’entusiasmo. Non c’è bisogno di commentarle né di trasformarle in banale retorica. Siamo abbastanza abituati a lavorare e a sostenere certe fatiche, sapendo che sono al tempo stesso belle e necessarie. Il pensiero va a chi tra noi è abbastanza solo, magari non più giovanissimo, eppure si sobbarca l’onere di essere anche in Oratorio e cerca di coagulare attorno a proposte e percorsi energie e sensibilità educative. E non può che esserci un “grazie”, e grande.
Ci lasciamo guidare da alcune immagini del cammino verso Francesco dello scorso agosto. Per ovvi motivi il cammino è metafora di tante dimensioni: il desiderio della meta, la prontezza e la stanchezza, l’essenzialità ed il pensiero per chi con te fa strada.
2. Il paesaggio
Siamo in una fase di duplice attesa, una più prossima e l’altra più remota. Aspettiamo la lettera pastorale che “chiuderà” il Sinodo dei giovani (in ottobre è in agenda un passaggio con il consiglio pastorale diocesano e ne proponiamo noi uno con i preti più direttamente impegnati in pg); il 3 ottobre si apre poi a Roma il sinodo dei vescovi (lo strumento di lavoro uscito lo scorso giugno è davvero un manuale, carico di riferimenti e di prospettive).
Nel frattempo…
Nel frattempo abbiamo tra mano le 40 proposizioni che i giovani hanno elaborato nelle assemblee sinodali: qualunque sia il nostro pensiero sul sinodo dei giovani e su come sia stato preparato, vissuto, gestito, quell’elaborazione ha una grande dignità, è qualcosa di vero e di bello, magari anche di fragile. Ma c’è e varrebbe la pena continuare a prenderlo sul serio[1].
Nel frattempo si vanno delineando i percorsi di unità pastorale che richiedono sedimentazione, pensiero, studio, tempo, passione
Nel frattempo le nuove zone avviano gli strumenti di partecipazione, i cosiddetti “tavoli di lavoro” che stanno idealmente ripartendo dall’assemblea sinodale sciolta e ritornata… a casa. Ci siamo confrontati tanto sul lavoro che ci aspetta e abbiamo definito un mandato condiviso: questi gruppi – che non vogliono essere il residuo bellico o un’operazione romantica, ma una nuova partenza in stile sinodale –si attiveranno per aiutare la zona laddove sarà necessario, rifletteranno sulla prima, indiscutibile consegna del sinodo, la Parola (da qui.. Mai visto un regno così), e
cammineranno verso il convengo della Settimana dell’educazione.
Nel frattempo alcune comunità e preti stanno vivendo cambi di guida e di responsabilità.
Nel frattempo – ma lo vedremo bene dopo – non mancano le sperimentazioni e le idee che passo dopo passo assumono il volto della concretezza. Partono. Si muovono.
3. Soste obbligate
Ci sono anche queste. Alcune solitudini e rarefazioni hanno innanzitutto il volto del fenomeno sociale e fortissime ricadute ecclesiali.
Mentre il governo nazionale discute sull’apertura del negozi di domenica, noi abbiamo da ragionare sui cammini di iniziazione, sulle celebrazioni domenicali… e un pensiero serio ci occupa la mente perché sempre più ci accorgiamo che non è più tempo di glorie numeriche e ci possiamo legittimamente chiedere che tempo sia, quali opportunità ci riserva, quali sfide ci apra davanti. Conosciamo fin troppo bene gli estremi: gettare la spugna o alzare il ponte levatoio.
Per forma mentale l’Oratorio (il suo cortile e le sue proposte) ha sempre abitato la zona intermedia.
Ma oggi non nasconde le sue fatiche e non smette di interrogarci sulle misure.
4. Tornanti e riprese
Le analisi sono tante, come diversi sono i problemi. Non mancano però le sperimentazioni già sul campo, come pure le idee sul tappeto. Si sperimenta perché un certo modello non è più sostenibile (anche se lo si ama e gli si è affezionati..).
E questo vale anche per una certa forma residenziale dell’Oratorio (del mio Oratorio) e del prete che lo governa che tutti vorremmo giovane, bravo, dedito, instancabile. Resta – e sarà la vera sfida del prossimo futuro, o meglio già di domani – la necessità di non trasformare la pastorale giovanile e la sua vocazione all’iniziazione alla vita in qualcosa di asettico, on line, senza la mediazione concreta di relazioni educative. ma è la stessa sfida che viene rivolta ad una Chiesa che vive nella storia una prossimità, un impasto… restando “parrocchia”.
. il gruppo educatori: da qualche parte non è un sogno, ma una realtà che si assume compiti e legge in modo condiviso i problemi. Può attivarsi anche tra più parrocchie? Può essere una priorità nel cammino verso le unità pastorali?
Non possiamo smettere di lavorare per coinvolgere persone nella corresponsabilità educativa
. l’inserimento di uno o più educatori professionali, accanto ai volontari. Per il quinto anno confermiamo il cammino regionale dei Giovani insieme; sono stati una trentina gli inserimenti estivi di educatori di cooperative di area in diocesi per i Grest; alcune parrocchie o unità pastorali hanno accettato la presenza di un educatore con un mandato di supporto e sostegno.
Non possiamo eludere nuovi investimenti (anche professionali).
La Diocesi cura un pezzo di formazione anche degli operatori professionali e lancia dal prossimo novembre un percorso formativo per giovani-adulti educatori di oratorio.
. la riprogettazione dell’oratorio/degli oratori in una unità pastorale (che cosa fare? Dove farlo? Quando aprire/chiudere…). Magari sotto la guida di un prete più giovane.
Non possiamo solo sommare strutture e tradizioni. L’unità pastorale viene ripensata perché sia viva.
. il lavoro zonale o interparrocchiale (ma la cosa vale anche per altre risorse, come l’AC): su percorsi di catechesi, campi estivi o mistagogia stiamo crescendo nella consapevolezza che si possono unire le forze, ci si può alleare di più.
Non possiamo non scommettere su condivisioni più ampie. Ecco la bontà dei “tavoli di lavoro”, se li salviamo da burocrazie inutili.
5. la sfida… interiore
Se fossimo un’azienda o una concessionaria… se crollasse un ponte o dovessimo riformare un settore produttivo… paradossalmente saremmo agevolati. Qui si tratta però di essere chiesa, onorare il mandato di annunciare il Vangelo anche ai più giovani, dentro e fuori gli Oratori.
Questo onore passa sempre e solo attraverso volti e storie e la sfida sta anche nel cucirle insieme, farle camminare insieme. Il sinodo celebrato lo scorso anno pastorale è davvero come una bella nota che può risuonare anche nelle parrocchie.
Riconosciamo che certi strumenti possono e debbono essere riplasmati e che questa operazione va dai cortili rinnovati a nuovi modi di essere.
Ma il vero perno di questo ventaglio di opzioni che nessun programma individuale o nessuna scelta diocesana può determinare a priori, è l’atteggiamento interiore: ovvero se accogliamo o meno la sfida di essere Chiesa.
Rendiamo disponibili i materiali presentati durante l’assemblea Oratori:
Adotta un prodotto PIEGHEVOLE 2018 – proposta equo-solidale per i bar degli oratori
Progetto di teatro e laboratori espressivi per adolescenti
News letter Focr del 04 settembre 2018