L’oratorio si mette in ascolto per essere a servizio
Nella cornice di pubblico formata da sacerdoti, educatori, catechisti e operatori pastorali e riunitasi nell’Auditorium Bonomelli, si è tenuta, nel tardo pomeriggio di venerdì 16 settembre, presso il Seminario vescovile di Cremona, l’Assemblea degli oratori, occasione di approfondimento e di confronto sul tema del nuovo anno oratoriano: “La parte migliore”, l’ascolto. L’evento è stato aperto dall’introduzione di Mattia Cabrini, educatore della Federazione oratori cremonesi e presentatore, affiancato da suor Valentina Campana, delle Adoratrici del Santissimo Sacramento.
L’assemblea ha preso il via con la suggestione musicale proposta da don Massimo Cortellazzi, che, attraverso la sua esperienza in materia e il supporto di materiali video, ha cercato di accendere nei presenti una scintilla: «Non vi devo insegnare ad ascoltare, quello lo sapete fare da ancor prima di nascere, dobbiamo solo esercitarci».
Secondo Cortellazzi esistono tre livelli di ascolto: la percezione, cioè una selezione, «la scelta di chi o cosa ascoltare», il giudizio, ovvero il dare un senso a ciò che si ascolta, e la comunione, perché, come racconta il sacerdote, l’ascolto è soprattutto via di comunicazione, qualcosa che garantisce l’incontro e la condivisione con gli altri.
Clicca qui per ascoltare la suggestione musicale a cura di don Massimo Cortellazzi
Dopo questo contributo ha preso forma la “tavola rotonda”, attorno alla quale hanno preso posto i quattro relatori, intervistati e stimolati alla riflessione dai presentatori.
A turno sono intervenuti don Daniele Rossi, parroco dell’unità pastorale “Mons. Angelo Frosi”, formata dalle parrocchie di Cornaleto, Formigara, Gombito, San Bassano, San Latino e Santa Maria dei Sabbioni, i coniugi Elena Barbieri e Aldo Lena, genitori e membri dell’associazione “Famiglia buona novella”, Max Bozzoni, educatore, formatore di teatro sociale e di comunità e animatore sociale, e Giulia Ghidotti, educatrice volontaria presso la casa famiglia di Rivolta d’Adda e incaricata “Giovani” della delegazione regionale di Azione Cattolica.
«La Chiesa suggerisce che ci sia collaborazione tra religiosi e laici – spiega don Daniele Rossi – ma in realtà ci sono delle fatiche: a volte il prete è da solo, senza nessuno che lo aiuti, a volte decide da solo, anche se è affiancato da qualcuno, mentre altre volte ancora delega troppo, per scarso interesse». Il sacerdote propone tre strumenti per facilitare la vita dell’oratorio: la relazione tra gli “attori”, la stima – «che spesso manca, soprattutto verso i giovani», e la fiducia. «L’oratorio non è più quello di dieci anni fa – racconta Rossi –. Serve uno sguardo al presente, ma anche una visione senza paura verso il futuro. Negli oratori scarseggia la ferialità, quindi bisogna pensare a strategie per valorizzare questo sguardo, anche solo al sabato e alla domenica».
Collaborazione, anche decisionale, in parrocchia che può essere paragonata a quella che serve a una famiglia per funzionare. E di questo sono testimoni i coniugi Elena Barbieri e Aldo Lena, che raccontano: «In famiglia le decisioni le prendiamo noi di solito, ma i livelli cambiano continuamente: nella crescita, i figli reclamano sempre più ascolto per le decisioni condivise, chiedendo spazio per non dover solamente subire le scelte».
L’intervento di Max Bozzoni si è concentrato sul parallelismo tra l’oratorio e il teatro: «Entrambi sono una casa in cui ci si deve incontrare e ascoltare, in cui bisogna condividere, discutere e, perché no, anche pregare». E da qui una provocazione: «Perché non usare di più, sia per i ragazzi che per gli operatori, il teatro in oratorio? Il teatro, così come la musica e gli altri linguaggi espressivi, può essere oggi fonte di lavoro e di ispirazione per l’oratorio».
Giulia Ghidotti ha invece raccontato le differenze tra il suo passato e il suo presente in oratorio: l’oratorio è comunità, formata da persone che, come dice Giulia citando “Eternamente ora” di Francesco Gabbani, sono “l’acqua buona in cima alla salita”. «Cosa mi chiede la comunità? E cosa io chiedo a lei? Io chiedo di esserci, di supportarmi, anche di sbloccarmi, perché il “ricevere” mi sprona a dare qualcosa. Quello che offro io, invece, è il mio tempo, anche se ben diverso dal tempo che offrivo da adolescente».
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Al termine della “tavola rotonda” il saluto e il ringraziamento di don Francesco Fontana, presidente di Focr, che ha proposto tre piste, tre “cantieri di Betania” per l’immediato futuro degli oratori: il cantiere della strada e del villaggio, il cantiere dell’ospitalità della casa, dedicato alla regia dell’oratorio, e il cantiere delle diaconie, dedicato alle diverse vocazioni dell’educazione.
«Abbiamo esercitato l’ascolto reciproco – ha concluso Fontana –. Abbiamo allenato e praticato la nostra sinodalità, che è la forma di Chiesa che il Vangelo ci suggerisce e che possiamo provare a vivere anche nell’ordinarietà degli oratori». Al termine della serata, la cena allestita dal bistrot del Seminario, con l’animazione musicale proposta dai ragazzi di Radio del Rey.
A seguire la preghiera conclusiva guidata dal vescovo Napolioni.